Sfatiamo i Miti Sull’Editing

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Nella vita abbiamo poche convinzioni, e spesso profondamente sbagliate. Anche se abbiamo qualche esperienza con il mondo editoriale, inutile negarlo, non sappiamo mai veramente cosa stiamo facendo quando ci avventuriamo nel mercato dei libri. Così ci affidiamo al sentito dire, perché spesso trovare informazioni chiare e professionali sull’argomento diventa una vera impresa. Si dice ad esempio che scrivere sia un talento, che lo si possiede oppure no, non è qualcosa che si impara. Si dice anche che gli editor siano “gentaglia della peggiore specie che si arricchisce mettendo le mani sul nostro lavoro”. Infatti qualsiasi modifica sarebbe un’amputazione perché l’opera smetterebbe di essere nostra, di esprimere i veri sentimenti che vogliamo suscitare nel lettore…

Questo è un punto che a noi sta molto a cuore, perché dimostra chiaramente le limitazioni di molti aspiranti “autori”. Ecco dunque cinque autentici miti sul lavoro d’editing:

Mito numero 1 – “L’editor modifica il testo rispetto a canoni esclusivamente commerciali.  Pensa alla solo vendibilità del testo, non alla qualità artistica”. In realtà quello che fa l’editor è di rendere la scrittura dell’autore più contemporanea. La scrittura cambia nel corso delle epoche: cambiano tecnica, orizzonte d’attesa del lettore, percezione generale rispetto allo stile. L’editor professionista è consapevole di come si scrive nel tempo presente; in funzione di questo valuta le tecniche che abbiamo utilizzato, i nostri difetti di inesperienza, le incongruenze, il ritmo, i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi, tutti gli aspetti e gli elementi che compongono il nostro libro…

Mito numero 2: “L’editor banalizza, appiattisce i libri verso uno stile comune”. L’editor è unrifinitore, non è l’artigiano del testo: il suo compito è quello di esaltare le qualità dell’opera (e dell’autore), risolvere i problemi presenti. Il bravo editor infatti non consiglia mai soluzioni “comuni e generalizzate”, ma suggerisce modifiche specifiche per la situazione in atto, facendo prendere coscienza all’autore dei propri punti di forza, esaltandoli, portandolo a svilupparli…

Mito numero 3: “L’editor impone il suo punto di vista, ovvero le modifiche al testo”. Nessuna dittatura. L’editing è un lavoro democratico, oltre a essere un’esperienza costruttiva e piacevole. Per noi autori è l’occasione più preziosa: avere un professionista che lavora sulle nostre idee, sulle nostre parole… e che ci lascia sempre l’ultima di parola!

Mito numero 4“L’autore esperto si autoedita”. La verità è che l’unico che non può editare il testo è proprio l’autore! I processi mentali che hanno dato vita all’opera sono dell’autore e un “autoediting” farebbe ricadere sistematicamente nei medesimi meccanismi di scrittura ed errore. Solo l’intervento di un occhio esterno (competente) permette di venire a capo dei problemi non visti. Un autore può fare la revisione del proprio testo a distanza di tempo; l’editing è comunque un’altra cosa.

Mito numero 5: “Un tempo non esistevano gli editor. Dante, Goethe o Dostoevskij non possedevano un editor”. Tendenzialmente la maggior parte di noi non è Dante, Goethe o Dostoevskij, partiamo da questo punto. Grandissimi nomi della letteratura mondiale hannocomunque lavorato con gli editor: Hemingway, per fare un solo esempio. Andando indietro nel tempo non esisteva certamente la figura dell’editor professionista, ma gli autori di tutte le epoche si rifacevano sempre, in ogni caso, ad altri autori: mandavano loro i manoscritti perché fossero corretti, si confrontavano, accettavano consigli. Ed è esattamente la funzione che assume oggi… un editor. 

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